La Rinuncia di Benedetto XVI e il cardinale Brandmüller

Oggi ci occuperemo di una cronaca papale che sta a cuore a molti. Lo faremo approfondendo, ulteriormente, riprendendo alcuni commenti interessanti scaturiti da una discussione di FB – vedi qui – a riguardo dell’imponente testo redatto dal cardinale Walter Brandmüller riportato da Sandro Magister – vedi qui – il 18 luglio, sulla Rinuncia di Benedetto XVI e l’attuale situazione la quale necessiterebbe – è evidente – di urgenti chiarimenti ufficiali.

Intanto partiamo dal fatto che ciò che è accaduto è senza precedenti nella storia bimillenaria della Chiesa. Lo stesso cardinale, nello spiegare i singoli episodi avvenuti in passato, lo espone benissimo e ci colpisce infatti una delle frasi che l’illustre dice con un tono, lo immaginiamo, di profondo dolore e preoccupazione:

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Il card. Brandmüller

La rinuncia del papa è possibile (can. 332 § 2). Ciò non significa che sia senz’altro anche moralmente lecita. Per la liceità ci vogliono motivi oggettivi, istituzionali, orientati verso il bonum commune Ecclesiae, non motivi personali…

Non motivi personali, dunque, ma motivi oggettivi… una bella gatta da pelare, non c’è che dire! È ovvio che, come fa capire Brandmüller – qui testo integrale -, non si mette in discussione la validità del suo Successore, ma non è meno inquietante laddove dice, seppur per ipotesi: “Se, in questo caso, fatta l’elezione si presentassero delle prove della mancata libertà della rinuncia le conseguenze sarebbero disastrose….

Disastrose perché la situazione non solo non è stata chiarita, ma disastrose anche per il governo della Chiesa stessa. Del resto, come è stato fatto osservare nella discussione su FB: “Le considerazioni dei post precedenti rendono conto della grande confusione tra i fedeli e dei gravissimi pericoli insiti in una rinuncia papale. Brandmuller fa il punto della situazione da un punto di vista canonistico, distinguendo tra ciò che attiene alla costituzione divina della Chiesa – come tale irreformabile – e al diritto positivo vigente che smentisce sia la tesi socciana che tutte le altre fantasiose ricostruzioni dei poteri papali. Fa inoltre delle valutazioni de iure condendo nella malaugurata ipotesi che il caso abbia a ripetersi. Niente di più.”

Prendiamo atto che il testo di Brandmüller  non intende mettere in dubbio né la validità della Rinuncia di Benedetto, e neppure l’invalidità dell’elezione del legittimo Successore, questo sia chiaro. Noi andiamo a sbirciare un po’ più dentro il testo, visto che la confusione, senza dubbio, regna.

E’ vero quanto qui riportato, Brandmüller sollecita infatti ad aggiungere al Diritto Canonico ciò che manca per la gestione di un fatto anomalo come questo che, appunto, essendo un fatto unico e nuovo senza precedenti, necessita di una legge specifica che liberi il campo da ogni supposizione che oggi viene anche usata o per delegittimare la libera scelta della rinuncia da parte di un Papa, oppure il rischio della invalidità di una successione a causa di una rinuncia non completa, come è questo caso in cui, infatti, Benedetto XVI ha messo un poco in imbarazzo tutti i canonisti allorquando ha specificato: non me ne vado, resto… Ma senza mai dire “resto Papa”, questo è venuto dopo, ma nessuno si è chiesto: perché dopo e non quando ha letto la Rinuncia ufficiale

In che modo allora può restare Papa? Questo è il problema che affronta Brandmüller, semplicemente perché “non può rimanere Papa”, non è contemplato nel primato petrino. Per questo ci chiediamo: “possibile che Ratzinger non sapesse tutto ciò”?

Ci sono alcuni passaggi, dal testo del cardinale Brandmüller che definiamo inquietanti, o allarmanti fate voi, ma che meritano di essere sottolineati.

– Brandmüller dice: “Parimenti incomprensibile pare il concetto, inventato in questo contesto, di una ‘renuntiatio mystica’ e, nemmeno, il tentativo di stabilire una specie di parallelismo contemporaneo di un papa regnante e di un papa orante. (…) Questo silenzio eloquente non ammette altra conclusione che: i canoni in parola hanno ovviamente l’obiettivo di aprire una via d’uscita da una situazione di estrema emergenza ecclesiale, la quale è pensabile, ma de facto non capita. (..) Questa opinione viene confermata dai Sommi Pontefici Paolo VI e San Giovanni Paolo II. Ambedue ritenevano la dimissione dal ministero petrino moralmente inaccettabile. Lo stesso beato Paolo VI – dopo qualche incertezza – disse che una rinuncia “sarebbe un trauma per la Chiesa” e sentiva il “grave obbligo di coscienza di continuare a svolgere il proprio ufficio”…”

Viene dunque specificato, da Brandmüller, che il motivo per una Rinuncia (ha fatto anche l’esempio di Pio VII e di Pio XII) riguarda il caso in cui fosse messo a rischio il papato. Conoscendo la grandezza intellettuale e morale di Benedetto XVI, non possiamo non domandarci: non sarà che forse, sotto molta pressione, vide in pericolo il primato petrino e non ha trovato altro modo che la Rinuncia per metterlo al sicuro, facendo passare il tutto come un problema personale legato al suo stato di salute? Chi potrebbe scartare questa ipotesi?

La dichiarazione di rinuncia di Benedetto XVI diffuso dalla Sala Stampa Vaticana.
La dichiarazione di rinuncia al papato di Benedetto XVI diffuso dalla Sala Stampa Vaticana.

– Un’altro passaggio interessante è infatti quello sulla precisazione che la rinuncia deve riguardare un fatto oggettivo e non una scelta a situazioni personali; qui c’è poco da commentare. Nel testo ufficiale della Rinuncia leggiamo una motivazione del tutto personale: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino…”.

Attenzione, ripetiamo che Brandmüller nel testo non sta cercando prove di una Rinuncia fallita o di una nuova elezione illegittima, ma siamo noi che stiamo analizzando più approfonditamente il testo perché le domande senza risposte sono tante, troppe. E per quanto l’atteggiamento da assumere è quello della preghiera, della prudenza, dell’attesa paziente, che non ci facciamo venire meno, l’analisi di certi passaggi ci possono aiutare ad esercitare ancor di più le virtù.

– Brandmüller riporta l’espressione addolorata di Giovanni Paolo II nella quale diceva che “non esiste un papa emerito”; e Ratzinger lo sapeva bene tanto che non è stato lui a darsi questo titolo, lui lo ha solo accettato, dopo la Rinuncia, ed è questo che vogliamo provare qui con voi. Inoltre, due giorni dopo la Rinuncia, all’Udienza del 13 febbraio, specifica: ” ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede…”

Intanto va chiarito che molti parlavano e parlano di “abdicazione”, ma da subito Benedetto XVI non ha mai usato questo termine, bensì “rinuncia”, un rinunziare che per noi cattolici suona davvero sinistro perché, attenti all’etimologia delle parole, il termine è composto della particella “re” che significa anche “respingere” e il nuntiare, il far sapere. Un termine, per altro, intrinseco all’uso dell’ annunziare. Con tale “rinuncia” sembra proprio che il Papa abbia misurato assai le parole. Dunque “rinunciare”,  far sapere che si lascia, si abbandona, ci si ritrae.

L’altro aspetto è che mai Benedetto XVI ha parlato di diventare un emerito! Sempre nel testo ufficiale della Rinuncia egli specifica bene: “… dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005..“. Come spiega Brandmüller: “…la rinuncia si riferisce all’ufficio di Vescovo di Roma, al quale è unito quello di successore dell’apostolo San Pietro e quindi del Supremo Pastore della Chiesa di Cristo. Tutti e due gli elementi si distinguono sostanzialmente. Mentre l’episcopato viene conferito tramite ordinazione sacramentale che imprime nell’anima dell’ordinato un carattere indelebile, il Primato Petrino è – nonostante l’istituzione divina – di natura giuridica (..) La rinuncia, quindi, si riferisce soltanto agli aspetti giuridici dell’ufficio. Il dimissionario, per conseguenza, non è più né vescovo di Roma né Papa, e neppure cardinale

Del resto il diritto canonico non riconosce la figura di un Papa emeritus. – e spiega il cardinale – Il tentativo di ridefinire il munus Petrinum in tal senso è inaccettabile dal punto di vista teologico e comporterebbe una minaccia all’unità della Chiesa. Perciò senz’altro va rifiutato. Insomma: la sostanza del papato è così chiaramente definita dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione autentica, cosicché nessun Papa può essere autorizzato a ridefinire il suo ufficio. Il luogo ecclesiologico di un Papa dimissionario, quindi, viene determinato solamente dalla sua ordinazione episcopale, in virtù della quale fa parte del Collegio Episcopale e partecipa della responsabilità spirituale per la Chiesa…”

A queste lucidissime analisi non possiamo non farci questa domanda: ma dal momento che tutti conosciamo la grandezza intellettuale teologica di Ratzinger, e la precisione canonista in quanto Benedetto XVI, come è possibile che si sia lasciato cadere in questi errori? Non sapeva Ratzinger che “nessun Papa può essere autorizzato a ridefinire il suo ufficio”? O non vi è forse stato il pericolo di far abdicare con Benedetto XVI anche i suoi otto anni di pontificato con tutto il suo ricco magistero? E’ una provocazione, ma pensateci bene.

Si evince chiaramente che o Brandmüller ha torto e Ratzinger ragione, o viceversa, non possono avere ragione entrambi. Ma anche dessimo ragione a Ratzinger i conti non tornerebbero, perché Brandmüller non ha affatto torto… Nell’ultimo Angelus, Benedetto XVI specificava ulteriormente, ma sempre lo stesso ritornello: “Cari fratelli e sorelle… Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora, ma in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze.” (24.2.2013).

Le parole più chiare, ma al tempo stesso più nebulose a quanto detto anche da Brandmüller, sono quelle che Benedetto XVI ha pronunciato nell’ultima Udienza: ” Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio..” (27.2.2013)

Non possiamo non domandarci se si sta pensando ad un papato “attivo”, con un Pontefice vigoroso regnante, insieme ad uno “passivo” (nel senso che  non è giuridico), ma anziano e a “riposo orante”… E’ del resto quello che scongiura proprio Brandmüller.

Ma soprattutto non possiamo non domandarci: perché Benedetto XVI, proprio all’ultima udienza quando c’erano tutti i cardinali presenti, o quasi, ha voluto rilasciare quelle parole dalle mille interpretazioni? “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo.”

E’ in queste parole che scaturisce quel “resto papacome a mettere al sicuro i suoi otto anni di Pontificato con il magistero che ne è scaturito, e di conseguenza l’emerito che gli sarà attribuito dopo. Ma a chi lo stava dicendo Benedetto XVI? Era forse in pericolo il suo magistero che qualcuno voleva far sparire insieme alla sua rinuncia? E’ una provocazione, ma pensateci bene. Forse non avremo mai una risposta, ma queste domande sono lecite e legittime.

Vediamo che non ha mai parlato di Papa Emerito, ma ha resistito fino alla fine per difendere la sua “nuova” posizione: “Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra…” (28.2.2013 da Castel Gandolfo).

Come abbiamo provato, mai e poi mai, Ratzinger ha parlato di essere ancora “Papa” e men che meno “emerito”, ma è anche evidente che in quella ultima udienza qualcosa di simile l’ha detta eccome. Le discussioni su quale titolo avrebbe dovuto assumere, scaturirono dopo e per rinfrescarvi la memoria cliccate qui.

C’è anche un’altro passaggio inquietante alle riflessioni del cardinale:

Brandmüller sottolinea (attenzione è una ipotesi che fa, non collegata a questa Rinuncia né a questo Pontificato regnante), ipotizza il pericolo di uno scisma: “va preso in considerazione – data l’eccezionalità della rinuncia papale – il pericolo di uno scisma. (..) Come già detto, la rinuncia di un papa presuppone – e al contempo crea – una situazione ecclesiale pericolosissima.”

Però subito dopo non ipotizza più: “Non mancano in questo momento persone o gruppi seguaci del papa rinunciatario i quali, scontenti dell’accaduto, potrebbero minacciare l’unità della Chiesa e persino provocare uno scisma…”

Noi caliamo l’ipotesi nel caso che stiamo analizzando, dal momento che il cardinale parla di un “momento” specifico: “questo”. Appare chiaro che l’allarme ha davvero dell’inquietante perché non risultano gruppi “del papa rinunciatario” pronti a fare opposizione al Papa regnante…  a meno che, quei vescovi e cardinali come Caffarra – vedi qui – che stanno chiedendo al Papa di chiarire le sue idee su di un testo papale che sta gettando scompiglio e divisione a livello dottrinale, si debba interpretare come un gruppo scismatico, di persone che rifiutano il magistero corrente… capiamoci bene eh! La qualcosa sarebbe davvero inaccettabile! Scismatico anche Spaemann – vedi qui – coetaneo e amico di Joseph Ratzinger, professore emerito di filosofia presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, uno dei maggiori filosofi e teologi cattolici tedeschi, per aver detto: “Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità”… riferendosi ai problemi dottrinali creati da questo magistero pontificio regnante?

Ora possiamo provare a concludere, cercando di rimettere un po’ insieme i pezzi di questo puzzle

Noi riteniamo che Papa Benedetto XVI sia stato in qualche modo spinto, magari molto elegantemente, ad andarsene. E non per motivi personali quali la salute, ma per difendere la Chiesa, per amore alla Chiesa. Ricattato non per questioni personali, ma ricattata era la Chiesa.

Benedetto regala a Francesco un vero tesoro: il proprio magistero.
Benedetto regala a Francesco un vero tesoro: il proprio magistero. (Città del Vaticano, 28-06-2016)

Il tassello che inseriamo è quello di un articolo firmato da Blondet assai interessante – vedi qui – il quale riporta questa notizia: “Quando una banca o un territorio è escluso dal Sistema, come lo fu nel caso del Vaticano nei giorni che precedettero le dimissioni di Benedetto XVI nel febbraio 2013, tutte le transazioni sono bloccate. Senza aspettare l’elezione di papa Bergoglio, il  sistema Swift  è stato  sbloccato all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI...”

Forse qualcuno di voi stracciandosi le vesti ci griderà che siamo complottisti. Forse sì, ma anche no, perché allora dovreste spiegarci come mai che i primi atti ufficiali del nuovo Papa appena eletto, riguardarono lo IOR? Ed oggi, a distanza di tre anni, avete più sentito parlare dello IOR? Consigliamo di leggere anche questo articolo di Sandro Magister: ” gli uomini più ricchi del mondo e i super-potenti della finanza fanno ressa per essere ricevuti da lui (il Papa). E lui non solo li accoglie a braccia spalancate, ma li ricopre di elogi…” – vedi qui

Tornando alla Rinuncia, Benedetto XVI la descrive come un fatto personale, eppure lui conosce a memoria tutto ciò che ha riportato Brandmüller è evidente allora che le questioni sono due:

1) Benedetto XVI fa parte di una cospirazione che vuole cambiare il primato petrino…

Oppure:

2) o Benedetto XVI è stato costretto ad andare via, e mite ed umile quale è sempre stato, se ne è assunto la responsabilità ma con un paletto chiaro: Bene, me ne vado come volete voi, ma “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo.”

Come a dire: mi assumo la responsabilità del gesto e delle conseguenze per amore alla Chiesa, ma non potete chiedermi di abdicare a quel giuramento fatto, restituisco il mandato “a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005..“, ma non quel giuramento fatto a Cristo.

Vaneggiamo? Forse sì, ma anche no! Del resto la recente uscita di mons. Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI e Prefetto della Casa Pontificia – che non chiarisce affatto, al contrario, ingarbuglia di più la situazione, inquietando maggiormente gli animi – è davvero l’atto più strano e strampalato che sia accaduto sulla vicenda…. – vedi qui tutta la raccolta di interventi sull’argomento – e riteniamo plausibile che proprio questa recente uscita abbia sollecitato il cardinale Brandmüller a scrivere questo suo saggio.

Mons. Gänswein
Mons. Gänswein

Quelle affermazioni di mons. Gänswein possono “comprendersi” solo all’interno di un “gioco” più grande di noi, che sta avvenendo dal 2005 nella Chiesa…. Di fatti strani ne riscontriamo almeno tre:

1) mons. Georg aveva scritto il testo, quindi si era preparato: a chi era indirizzato? non certo a noi “comuni mortali”….

2) che il suo testo fosse indirizzato a “qualcuno” è chiaro perchè dopo non ha fatto smentite o altre interviste importanti per spiegare meglio il suo messaggio e tutti gli interventi che ne erano scaturiti. Perché non rispondere alle mille domande che le sue parole avevano suscitato da molti ambienti?

3) che cosa c’entrava tirare in ballo il “Gruppo di San Gallo” e il conclave del 2005?

Dice mons. Georg: “…nel conclave dell’aprile del 2005, dal quale Joseph Ratzinger, dopo una delle elezioni più brevi della storia della Chiesa, uscì eletto dopo solo quattro scrutini a seguito di una drammatica lotta tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” (“Salt of Earth Party”) intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor; gruppo che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles in modo divertito ha definito come “una specie di mafia-club”…

E allora: o si è davvero sprovveduti a tal punto che nessuno sa più cosa dice o fa; oppure è chiaro che è in atto una guerriglia interna alla Chiesa e la posizione assunta da Benedetto XVI sarà, alla fine, una vera protezione alla supremazia del papato, una protezione che ha pagato con la Rinuncia.

Facciamo nostre le riflessioni di un teologo: “Ratzinger si è sforzato di aiutare a reinterpretare il papato, cercando di sottrarsi al ruolo di star al quale ormai il mondo lo chiamava, contro il suo carattere.

Ma soprattutto, da vero profeta che legge i segni dei tempi presenti con gli occhi di Dio, colse la deriva mondanizzante di un ruolo soprattutto spirituale, del dolce “Cristo in terra”… Ha avuto contro molti personaggi curiali ormai abituati a gestire soldi e potere, lobbies e amicizie influenti. Il partito sangallese voleva invece il papato per cavalcarne il ruolo a beneficio del proprio programma. Anche secondo me il ruolo di papa emerito ha spiazzato un po’ le trame di costoro: hanno ottenuto il “loro” papa, stanno vincendo a suon di sinodi e mass media, ma sono sconfitti dall’indisponibilità a riconoscere in questo papato la sana dottrina, che sono in genere proprio quelli che la fede la vivono in modo più spirituale…”

Del resto lo stesso Benedetto XVI, da quando si è ritirato, ha mantenuto e sta mantenendo fede alla parola data: “tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza.” (28 febbraio 2013)

Oseremo dire, come fanno rilevare altri vaticanisti, che forse è il Papa regnante a cercare ogni tanto, dalla presenza di Benedetto XVI, una sorta di conferma pubblica al suo mandato, non certamente il contrario.


AGGIORNAMENTO AL 2018

E Benedetto XVI scrisse: basta, c’è un solo Papa, e non sono io

Le lettere di Ratzinger al cardinale Walter Brandmüller pubblicate dalla “Bild” 

E Benedetto XVI scrisse: basta, c’è un solo Papa, e non sono io

Quella del Papa emerito al cardinale Walter Brandmüller pubblicata dalla Bild non era “una” lettera. Erano in realtà due missive. Nella prima, scritta il 9 novembre 2017, Benedetto XVI commentava l’intervista che Brandmüller aveva rilasciato il 28 ottobre alla Frankfurter Allgemeine Zeitung. La seconda è del 23 novembre, ed è stata scritta da Ratzinger in risposta ad una missiva del cardinale. Le due lettere, inizialmente presentate come una, sono state interessatamente rilanciate per contrapporre l’emerito al Papa regnante.

Vale la pena di esaminare innanzitutto la prima lettera. Benedetto XVI risponde alle affermazioni di Brandmüller a proposito della rinuncia al pontificato. Il cardinale, studioso di storia della Chiesa, aveva affermato che Ratzinger decidendo di farsi chiamare “Papa emerito” aveva creato una figura inesistente in tutta la storia della Chiesa. Ecco come risponde l’interessato: «Lei ovviamente sa molto bene che – sebbene rarissimamente – ci sono stati Papi che si sono ritirati. Cosa erano dopo? Papi emeriti? O che cosa altro?».

Benedetto XVI introduce qui un esempio, che ha dato adito a molte speculazioni. «Come Lei sa – scrive Ratzinger a Brandmüller – Pio XII ha lasciato un chiarimento nel caso in cui fosse stato arrestato dai nazisti, in base al quale, dal momento dell’arresto non sarebbe più stato Papa. Non sappiamo se questo ritorno al cardinalato sarebbe stato effettivamente semplice». Benedetto si riferisce qui alla lettera che Papa Pacelli aveva lasciato nel caso di sua deportazione: il collegio cardinalizio avrebbe dovuto considerarlo decaduto e procedere all’elezione del successore. «Così i nazisti deporteranno il cardinale Pacelli, non il Papa», aveva confidato Pio XII ai collaboratori. L’esempio del Papa deportato dai nazisti ha fatto rizzare le antenne agli amanti dei complotti: perché Benedetto XVI ha citato proprio questo esempio? Forse anche lui si è dimesso perché costretto, perché temeva? Da chi sono rappresentati oggi i nemici, i nazisti che minacciavano di arrestare Pio XII?

Dal seguito della lettera appare però evidente che l’esempio viene citato non per proporre un parallelismo di situazione – oggettivamente infondato – ma per attirare l’attenzione sulla parte riguardante l’automatico ritorno del Papa rinunciatario al rango di porporato nel collegio cardinalizio. «Nel mio caso – scrive ancora Ratzinger a Brandmüller – sicuramente non sarebbe stato sensato dichiarare semplicemente un ritorno al cardinalato. Sarei stato permanentemente esposto al pubblico come appunto è un cardinale – anzi, di più, perché in lui si sarebbe visto l’ex Papa. Ciò avrebbe potuto condurre, volendo o non volendo, specialmente nel contesto della situazione attuale, a conseguenze pesanti. Con il Papa emerito ho cercato di creare una situazione nella quale io fossi per i mass media assolutamente inaccessibile e nella quale fosse pienamente chiaro che c’è solo un Papa. Se lei conosce una via migliore e crede di poter condannare quella da me scelta, la prego di dirmelo. La saluto nel Signore».

Dunque Benedetto, spazzando via ancora una volta le assurde teorie sul “papato condiviso”, sul Papa dimissionario che non si è dimesso del tutto, sul Papa che rimane il vero Papa, come pure le sciocchezze ammantate di consistenza canonistica sull’esistenza di un “munus petrinum” a sé stante rispetto al suo concreto esercizio – che farebbe dunque permanere il munus anche a colui che non esercita più la giurisdizione di Vescovo di Roma – cerca di mettere la parola fine sulle elucubrazioni riguardanti la sua rinuncia.

A questa lettera, Brandmüller risponde il 15 novembre 2017, scusandosi con Benedetto per le affermazioni sostenute nell’intervista: si dice dispiaciuto e assicura che non dirà più nulla in proposito, ma con ogni probabilità insiste anche sul “dolore” provocato dalla decisione della rinuncia. Il Papa emerito, che evidentemente era rimasto toccato e ferito dalle parole di Brandmüller, replica il 23 novembre, con un’ulteriore missiva, ringraziandolo per l’impegno di non porre più le domande sulle dimissioni. Quindi Ratzinger continua: «Posso ben capire il profondo dolore che Lei e molti altri avete provato con la fine del mio pontificato, ma il dolore, così mi sembra, in alcuni e anche in Lei è diventato una rabbia che non riguarda più solo la rinuncia, ma si estende sempre più anche alla mia persona e al mio pontificato nel suo insieme». «In questo modo il pontificato stesso è stato svalutato e confuso con la tristezza sulla situazione della Chiesa oggi». E questo dolore trasformato in rabbia è diventato una «forma di agitazione».

Il Papa emerito cita come esempio la recente pubblicazione del libro di Fabrizio Grasso La rinuncia. Dio è stato sconfitto?, e il riferimento a un possibile scisma che il cardinale citava esplicitamente nell’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung. La conclusione della lettera è un invito a Brandmüller a pregare perché «il Signore venga in aiuto della Sua Chiesa. Con la mia apostolica benedizione, suo, Benedetto XVI».

La frase sulla «situazione della Chiesa oggi» è stata rilanciata come un giudizio pesante del Papa emerito sul successore. Anche se questa appare una lettura semplicistica e riduttiva: la situazione della Chiesa oggi è la situazione della Chiesa del nostro tempo, non soltanto identificabile con gli ultimi cinque anni. Se così fosse, bisognerebbe infatti supporre che i problemi, gli abusi sessuali, l’infedeltà del clero, i dissensi dottrinali sbandierati, i carrierismi e le cordate di potere, siano fenomeni spuntati all’improvviso dopo il 2013 e che fino a quel momento la vita della Chiesa fosse stata ideale. Peraltro, proprio Joseph Ratzinger, ancora giovane e brillante teologo, nell’ottobre 1958 scrisse un saggio intitolato “Diue neuen Heiden und die Kirche”, “I nuovi pagani e la Chiesa”. Il timore che la Chiesa si stesse “mondanizzando” era già presente nella sua riflessione teologica.

Peraltro, la discussione sulla figura, non ancora codificata, del “Papa emerito” è un tema sul quale in futuro la Chiesa dovrà riflettere. Benedetto ha fatto una scelta, ma ha intelligentemente deciso di non codificarla. È fuori dubbio che la decisione di conservare il nome pontificale, l’abito bianco e il titolo di “Papa emerito” (dove la parola Papa viene prima dell’aggettivo emerito), insieme ad alcune esternazioni dei collaboratori, hanno contribuito a fomentare dubbi, incertezze e persino, in qualcuno, l’idea di un Papa emerito ancora un po’ Papa, che diventa punto di riferimento della fronda dei delusi del Papa regnante.

(FONTE)

Un pensiero riguardo “La Rinuncia di Benedetto XVI e il cardinale Brandmüller

  1. Sulla Pagina di FB del Catholic-pic-quotes ho trovato questo commento interessante:
    “Mi vien da dire allora, dopo aver letto tutto l’articolo, a quando la defenestrazione totale di Papa Benedetto, perchè, io non so se qualcuno se n’è accorto ma a mio parere Papa Benedetto potrebbe essere in pericolo.”

    Certo che anche se non penso oggi si possa arrivare a tanto, però mi ha fatto impressione ricordare subito le parole che Benedetto XVI ha pronunciato per il 65° di Ordinazione sacerdotale, nel porgere i suoi saluti a papa Francesco gli ha detto:” Più che nei Giardini Vaticani, con la loro bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto…”
    Si rimette alla sua protezione, discrezione, a me suona come un carcere dorato.

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