Cari pastori, la mensa dei poveri non è la Mensa della Presenza Reale

La nuova “falsa” chiesa ribalta il senso del servizio ai poveri: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli…”(At.2,42-47) e si legga anche Atti 4,32-37.

In un primo momento ci siamo astenuti dal commentare la cronaca della Visita apostolica del santo Padre a Bologna, certe riflessioni non vanno fatte a caldo sull’onda delle emozioni, preferendo la santa prudenza e raccogliendo più informazioni di come si svolgevano i fatti man mano che i Media ne davano notizia. Avevamo già letto da La nuova Bussola quotidiana la Lettera di una lettrice affranta e stamani, li ringraziamo di cuore, possiamo leggere una ulteriore riflessione, clicca qui, che condividiamo nella chiarezza e nella amarezza, specialmente in questo passaggio che facciamo nostro:

“… la nostra critica non sta nel fatto di mangiare con i poveri e neppure nel fatto di soccorrerli nei loro bisogni, quanto piuttosto nell’opportunità di mangiare dentro la Basilica. Ma mi ci soffermo perché questa prima argomentazione di Tornielli ricalca la motivazione data da mons. Zuppi al clero di Bologna, che era in gran parte contrario all’iniziativa. Di fronte all’opposizione del suo clero, sia in sede di confronto pubblico che privato, Sua Eccellenza ha motivato l’opportunità di mangiare in Basilica ricorrendo alla sacramentalità dei poveri; in altre parole, nei poveri è presente Cristo, quindi i poveri possono stare in Basilica. Ma questa motivazione, a mio avviso, sposta la questione su un terreno che non è il suo. Nessuno contesta il fatto che i poveri possano entrare in san Petronio e nemmeno che servire il nostro prossimo significhi servire Cristo, ma l’obiezione che continuo a muovere sta nel fatto che si voglia mangiare in Basilica e non in altre strutture che alla diocesi di Bologna, grazie a Dio, non mancano”.

Su questa scia di chiarimenti e riflessioni, lasciando da parte l’emozionismo, diamo il nostro piccolo contributo partendo dall’insegnamento apostolico che, in Atti 6,1-7 definisce questa missione della Chiesa in termini inequivocabili:

Servizio della Parola e servizio delle mense

“In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede”.

Come accade anche nelle migliori famiglie, scoppiano rivalità tra ebrei e greci sul come servire la comunità e gli Apostoli chiamano anzitutto quelli che vivevano da veri discepoli del Signore, coerenti dunque con il suo Vangelo e sapendo di trovare ascolto presso di loro, propongono la soluzione. La soluzione è chiarissima: un conto è la Mensa del Signore, l’Eucaristia, altra cosa è la mensa per i bisognosi. Questo è l’equilibrio che ha sempre contraddistinto la Chiesa in tutto il suo pellegrinaggio fino ad oggi.

Si fa notare, nella Parola di Dio, che il primato del servizio alla Parola con la conseguente Eucaristia, non deve escludere il servizio alle mense. E poiché anche questo secondo servizio, per essere autentico, deve impregnarsi di carità evangelica, i discepoli invitano ad eleggere tra loro sette integerrime persone che adempiano a questa carità.

In sostanza: al sacerdozio spetta il servizio della Parola (dei Sacramenti) e dell’Eucaristia; ai Laici preparati spiritualmente e aiutati anche ad essere integerrimi verso la Parola del Signore, il compito di proseguire con la carità, attraverso il proprio “sacerdozio battesimale“, la missione della Chiesa nel mondo mediante i servizi che sono propri della carità insegnata dal Vangelo.

Che cosa è accaduto a Bologna nella Basilica di San Petronio? Che si sono ribaltate le priorità, i compiti, e si è frantumato quell’equilibrio che ha portato a dire, ad una giornalista su TV2000 che: “finalmente si è realizzata ora la vera mensa dei poveri…” come se la Chiesa in questi duemila anni non avesse mai fatto nulla per i poveri.

Tra le tante citazioni che i soliti “torniellani” hanno fatto per giustificare l’ingiustificabile, manca la più imponente, quella di Gesù quando rimprovera Giuda per la sua falsa carità: «Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me» (Gv.12,1-11).

E’ interessante che Gesù non interviene per denunciare Giuda come ladro, ma per dare testimonianza alla Sua Presenza reale sia in quel momento con il corpo pronto al sacrificio, quanto nel dopo, nel futuro, nell’Eucaristia. Questa Presenza reale ha la priorità su tutto e su tutti, anche verso i poveri i quali non devono essere fatti oggetto o usati per contrapporre la Divina Presenza col servizio ad essi. Questo è il ribaltamento al quale stiamo assistendo e il nostro conseguente editoriale. Ricordiamo infatti che tutte le vere e grandi opere di carità sono nate nel seno della Santa Chiesa ad opera dei veri Santi: ospedali, ricoveri, mense, orfanotrofi, strutture di sostegno e quant’altro, tutto è stato avviato dalla Chiesa e che oggi gli Stati e le Nazioni hanno trasformato in “centri sociali” o associazioni di vario spessore, svuotati tuttavia della Parola, della Presenza reale.

Santa Madre Teresa di Calcutta, che di carità se ne intendeva, affermava che se non si porta Cristo al povero, lo si rende povero due volte! Ed un santo sacerdote francese, don Michel-Marie Zanotti-Sorkine, affermava che vedeva tristezza quando alcuni suoi confratelli si occupavano dei poveri solo dal punto di vista materiale, spiegando loro che la prima necessità del povero è proprio quella di dare ad essi prima il Sacramento della Penitenza, poi dell’Eucaristia ed infine l’aiuto materiale, inserendo il povero all’interno della comunità dei credenti, perché non fosse più povero.

Quanto è accaduto a Bologna in verità non è affatto “scandaloso” di per se, non almeno il fatto di aver condiviso una “mensa” con i poveri… in passato ciò avveniva di frequente quando però c’erano gravi necessità e gravi epidemie. Il vero scandalo sta nella inopportunità del luogo oggi, al cui interno sono stati inseriti anche dei bagni chimici, al fatto che nessuno è andato ad inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, neppure il Vicario di Cristo

“Date loro voi stessi da mangiare”

C’è un’altra considerazione da fare su questo brano del Vangelo usato per far dire ciò che Gesù non dice: “Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: “Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare“. Ma egli rispose: “Voi stessi date loro da mangiare”(Mc.6,30-44).

Sfatiamo un’altro mito e leggenda, qui non erano poveri o immigranti come qualcuno ha preteso dire. L’evangelista fa sapere che questa gente “poteva comprarsi da mangiare”… L’attenzione di Gesù è rivolta alle anime, non ai corpi, riferendosi ad un Cibo che non si può comprare… La moltiplicazione dei pani e dei pesci ha un impatto molto più spirituale che materiale o, se non altro, prima il nutrimento dell’anima, poi del corpo. Il povero che volesse nutrire il corpo, deve necessariamente passare prima per il nutrimento dell’anima. In questo siamo tutti “poveri”, siamo “noi” quella moltitudine di gente descritta nei due miracoli della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mc.6,30-44 e Mc.8,1-9). Quella folla non sono gli immigranti attuali, quella folla non stava cercando asilo o il mangiare, ma cercava qualcosa di molto più forte che nessuno sapeva loro dare. Essa si mosse dalla curiosità del nome di Gesù che andava predicando la buona novella e compiva miracoli, si mosse spinta dalla ricerca del “Vero Dio”. Gesù si muove per “compassione perché erano anime senza pastore”, e perché avevano fame sì, ma non solo una fame materiale, dopo il primo episodio, Marco racconta: “Sono già tre giorni che rimangono presso di me e non hanno da mangiare” (8,2). In quei tre giorni hanno udito la Sua predicazione (prima moltiplicazione): “Cominciò a insegnare loro molte cose” (6,34).

La provocazione di Gesù “Date loro voi stessi da mangiare”, si riferisce proprio al ruolo del vero sacerdote in grado, in Cristo per Cristo e con Cristo, di sfamare LE ANIME delle genti che cercano Dio. Le esigenze dell’annuncio, riservato soprattutto ma non esclusivamente agli Apostoli, si coniugano armoniosamente con una prassi caritativa che ne è la naturale conseguenza, e di cui si fanno maggiormente carico i diaconi e tutti i laici cristiani.

Il Papa è il Vicario di Cristo, non è quindi il cuore e il centro della Chiesa perché cuore e centro della Chiesa è il Signore Gesù, il Suo Vicario è colui che viene a confermare tutti noi nella fede in Lui, a cominciare dai veri poveri, è colui che viene per invitarci ad aprire la porta e a lasciarci scrivere sul cuore: vogliamo vedere Gesù, vogliamo ascoltarlo, vogliamo seguirlo.

Quanto è accaduto a Bologna in San Petronio, invece, è il ribaltamento di questa verità del Vangelo. E’ stato un marketing creato appositamente per le necessità mediatiche del nostro tempo. Non stiamo a giudicare le intenzioni, ma a valutare semplicemente i fatti che abbiamo visto e udito anche dai Media che pretendono dirsi cattolici. Non rimproveriamo al santo Padre quanto ha fatto, perché poteva farlo, il problema sta nei modi, nel come è stato proposto, imposto, pubblicizzato oscurando completamente il Cuore e il Centro di Colui che avrebbe dovuto essere il Protagonista, ma non lo è stato: Gesù Cristo, nostro Signore, datore di ogni bene, anche di un festoso banchetto, ma nel luogo più consono, luoghi che non mancano alle diocesi italiane.

Il santo Padre ha fatto dono ai commensali di un Vangelo con queste parole: “Al termine vi verrà consegnato il cibo più prezioso, il Vangelo, la Parola di quel Dio che tutti portiamo nel cuore, che per noi cristiani ha il volto buono di Gesù. È per voi! È rivolto proprio a chi ha bisogno! Prendetelo tutti e portatelo come segno, sigillo personale di amicizia di Dio che si fa pellegrino e senza posto per prepararlo a tutti…”

Siamo alla solita ambiguità, alla mezza verità dal momento che “il cibo più prezioso” è l’Eucaristia la quale da vita alla PAROLA, mentre qui sembra avvenire il contrario, O PEGGIO, SIAMO ALLA DOTTRINA PROTESTANTE SUL VALORE DELLA PAROLA… (sola scriptura) la Parola che prende il posto anche dell’Eucaristia… mentre le due cose dovrebbero, e devono, procedere insieme, non separatamente, non in sovrapposizione. Nella Preghiera del Padre Nostro, offerta a ragione dal Papa ai commensali, non c’è però solo “il diritto al pane quotidiano”, prima viene la necessità di glorificare il Nome di Dio e che sia fatta la Sua volontà… riflessioni assenti, espressioni emarginate.

Infine basta vedere le foto per capire che, specialmente nella tavolata del Papa, non c’erano veri poveri, ma gente con tanto di cellulari e organizzatori del banchetto…. Il Vicario di Cristo, pur mosso da una autentica pietà, non dovrebbe prestarsi a questa mediaticità, dovrebbe riflettere sulle conseguenze e sul fatto che Gesù Cristo non è stato affatto il centro della giornata come avrebbe dovuto essere, essendo stata anche la giornata conclusiva per il Convegno Eucaristico diocesano, di cui non si è fatta alcuna meditazione e nessuna adorazione Eucaristica.

“…non c’era posto per loro nell’albergo…”, ci racconta San Luca, e San Giuseppe aveva di che pagare per l’alloggio, qui ci sembra andare oltre: Gesù Ostia Santa sfrattato dalla Basilica di San Petronio per essere sostituito dai poveri, in un tempio trasformato in osteria. Ci spiace, ma non è questo il modo che ci insegna il Vangelo nel servizio ai più poveri.

Un pensiero riguardo “Cari pastori, la mensa dei poveri non è la Mensa della Presenza Reale

  1. Sto leggendo diversi commentari in giro e sono davvero molto confuso e perplesso. Questa volta la tifoseria di Bergoglio è in difficoltà, lo si evince da tutte le scuse che stanno tirando in ballo citando passi dai vangeli come il “mi avete dato da mangiare e da bere”, eccetera, oppure che Gesù mangiava con i peccatori, le prostitute ed altro ancora.
    Quanta confusione!
    Io non ho trovato scandalo nell’iniziativa, ma nel luogo in cui si è svolto tutto.
    Ho fatto questa considerazione: se Gesù c’era all’interno della Basilica, chi è andato ad adorarlo in casa sua? Chi lo ha omaggiato? Dove sta scritto che i poveri sono esentati dall’adorare la Presenza divina di Gesù nell’Ostia consacrata? E perché neppure il suo vicario è andato a salutarlo?
    Ma se Gesù non c’era perché tolto dal tabernacolo a causa dell’evento (per non disturbarlo?), davanti a quale presenza si è voluto fare il pranzo? Se è stato tolto, chi era il protagonista del pranzo?
    “Scusaci Gesù, ti togliamo un paio d’ore dalla basilica perché c’è un pranzo del tuo vicario con i poveri, e tu sei di troppo….In fondo sei nei poveri, è la stessa cosa, no?”
    Altrimenti: “Scusaci Gesù se non ti abbiamo adorato nel tabernacolo, in fondo sei nei poveri, è la stessa cosa”
    Questi scenari, comunque sia andata, sono davvero inquietanti e preoccupanti.

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